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Dalla silloge poetica Pallide pietre
per le edizioni Transeuropa, febbraio 2023.
Federico Pietrobelli
Tarda, la notte riapre lo sguardo
ai naviganti nel segno celato,
vivi nel soffio dei vivi, che scioglie
le alte vele sui lidi dell’addio.
Tu sullo stretto, altre volte hai vissuto,
o sull’istmo dei regni, una congerie
di ossa e ori, quando marea è bassa
e affiora il fasto di ogni rotta d’uomo.
Vieni. Ma l’altezza è di chi è solo
– alza al volto la conca: solo il solo
conosce il solo – e nell’eco: in fondo
al solo, niente – ma guarda: coralli,
porpora, perle – e nell’eco: niente, niente…
che ora incanta il cuore a un bimbo
che a riva ammira, mai visto prima,
il montare del mare, ed è un soffio
che lo sveglia, nel sogno, al largo, al largo…
Pallide pietre, sul passo che solo
tenne il cammino, ai picchi tramati
sugli orditi del vuoto, dove poco,
poco è l’immenso tra il respiro
e lo spirito, e per breve volo
lungo è l’abisso, per ogni destino
d’uomo, come alto sulle vite, vita
che vede la vita, strano vedere,
come nubi, gli anni, preparano
il naufragio alla mente dell’uomo
in ogni ora in cui non colse il ritorno.
Ma torna, lungo i passi d’uomo, ogni ora,
sulle pietre slavate dal pianto, pianto
scorso sui denti del lamento, denti
sfranti su un palmo, e sul palmo il sale
chiaro dell’occhio cresce del suo specchio,
cresce l’occhio nello specchio di un arco
sulle vette che le labbra richiudono,
da cui tu anche ricevesti il silenzio
del cielo che ti cela l’infinito.
Ora posa mio cuore. Le sirene
del nuovo non incantino il tuo ritmo.
Ricorda: tu hai appreso l’oblio
di te, del mondo, dell’ibridazione.
Le specie si soverchiano nel nulla.
Ora vinci e ora perdi, e un barbaglio
solo rimane della neve. E il flusso
non rimane alla gola, ma il suo canto.
Ovunque hai scorto la nascita, e ovunque
il termine. Separati dal sangue.
È l’ora la sostanza della sete.
L’oro dell’alba non è oggetto di conto,
il tuo battito non lo può dire.
Dire la luce, è che tu non sia.
Il Lossia ti cerca. C’è una festa
chiara d’incendi che hanno indetto
i suoi nemici. Lui vorrebbe invece
solo un po’ di buio in cui risplendere.
Suonano oscure le sue parole
e ora ti fa chiaro che han da esserlo:
un lago non dà luce, ma quando ha
luce, se è limpido mostra il suo fondo.
Gli altri, afferma, si inquietano
sempre degli occhi, invece è all’acqua
che si deve ogni cura. Se l’occhio
non fosse luce non la avrebbe. Ma è.
Se l’occhio non fosse acqua, nemmeno.
Illimpidisci il buio, dice, in cui vengo.