COMMENTI STATICI – 20



Glorificare il culto delle immagini –
mia grande, unica, primitiva passione.

Charles Baudelaire
Diari

Sapere amaro che traiamo dal viaggio!
Che il mondo, minuto e monotono, ora e ieri,
domani e sempre, rispecchia il nostro aspetto:
un’oasi di orrore in un deserto di noia!

Charles Baudelaire
Il Viaggio



Come una bocca divina che solo l’ambrosia può dissetare, l’intelligenza umana ambisce all’acqua cruda della sorgente e del principio, là dove la pioggia caduta dall’alto sgorga nel punto primo in cui le facoltà dell’uomo la possono cogliere. L’intelligenza umana vi cerca, in quest’acqua pura d’immagini, in cui ancora nulla si è riflesso, la sua stessa sostanza. L’invisibile è questa sostanza per mezzo della quale ci è offerto il visibile. E ugualmente invisibile è la sua sorgente, perché interiore.

Per l’uomo quindi, se tutto è cultura, cultura è anche questo: nel luogo delle sorgenti, che noti e ignoti hanno tramandato, coltivare la terra, rendendola bella e percorribile quanto un giardino per chi desidera andare in cerca delle sorgenti. Quando invisibile sia diventato il luogo sorgivo stesso, il singolarissimo luogo del culto, l’esercizio di una riflessione sull’invisibile è la soglia attraverso cui passare per un’azione sul visibile che sia davvero culturale. Volgendo l’intelligenza all’ascolto di ciò che invariabilmente ci parla da questo luogo tanto lontano da noi quanto noi lo siamo da noi. Reggendosi nell’assenza di vessilli sotto cui adunarsi. Reggendosi nella vacuità delle istituzioni che intimano di adunarsi.

È conseguente infatti che insabbiato per incuria il giardino la psiche si veda circondata dal deserto e che il deserto prenda il nome di mondo, realtà, uomo. Ma se possiamo dire deserto, se lo possiamo cioè discernere, separandolo dal resto, è anche perché sentiamo esistere un resto che a questo deserto è irriducibile. Tale oscuro sentimento di irriducibilità è il sostegno della mente in cammino. Perché poi questo oscuro sentimento si traduca in luminosa consapevolezza, l’uomo ha un solo ma potentissimo mezzo: l’immagine.

Ecco il giardino: vi sono dei rivoli, vi saranno quelle fonti di cui parlavamo. Sono silenziose e nascoste, ma i frutti più numerosi degli alberi via via più verdi testimoniano di un’acqua sempre più cruda. Li seguiamo. Guardando indietro vediamo una scia di sabbia, ma nella sua estraneità al luogo e a noi, ora anche quella sabbia che ci ha assetati, ai raggi del sole, si indora, e il deserto lo ricomprendiamo come uno scrigno. Però solo questo luogo, solo un giardino, con la sua ombra e la sua frescura, con l’iniziale orrore che la sua differenza ispirava, ci ha fatti consci del deserto e della sua parzialità.

Il giardino è dapprima un miraggio, fino a quando l’uomo scopre, camminando tra le sabbie, chinando il capo sotto il giogo pesante e apparente delle Ore, e rivolgendo infine lo sguardo dentro, che il giardino non è un miraggio perché non è altrove.



Federico Pietrobelli