COMMENTI STATICI – 8

 

Der Mathematiker ist angewiesen aufs Quantitative, auf alles, was sich durch Zahl und Maß bestimmen läßt, und also gewissermaßen auf das äußerlich erkennbare Universum.

Il matematico si occupa della quantità, di tutto ciò che può essere determinato con il numero e la misura, e quindi, in un certo senso, dell’universo conoscibile esteriormente.

J. W. Goethe
Aforismi sulla natura, 152

 

Il continuo è la coscienza. Essere coscienti vuol dire essere continui, quindi poter dire io. Essere coscienti dell’altro vuol dire formare un continuo con la sua coscienza, quindi poter dire noi. Nel regno della coscienza non v’è discreto, ma per comprenderlo l’uomo deve ricorrere al simbolo – un cerchio, un anello, una ruota –, che è il discreto per eccellenza, così come l’arte somma si sforza di esprimere. La massima singolarizzazione linguistica infatti è lo specchio dell’inesprimibile, poiché la visione del limite linguistico dà all’uomo la possibilità di cogliere una realtà la cui verità è il silenzio.

   Quello che fa della scienza moderna un’ideologia è l’espunzione della coscienza dai propri ragionamenti. Ciò ha un motivo operativo: espungere il continuo dal mondo è rendere discreto, ovvero calcolabile, il mondo stesso. Ma il continuo nel mondo è la coscienza nell’uomo, il quale vorrebbe indagare il mondo come se chi lo indaga, la sua coscienza ovvero il continuo, non esistesse. In questo senso, le neuroscienze sono una dogmatica applicazione del metodo quantitativo a un oggetto che è il cervello, come un elettricista verifica l’impianto di una casa, incuranti entrambi, professionalmente, di cosa sia la luce.

   È così che l’ideologia scientifica vede nel mondo una sterminata possibilità di calcolo. Per alcuni pionieri della fisica contemporanea, la misura, il numero, non sono tali, ma sono ciò che le cose sono. Eppure l’uomo non ha mai visto l’uno il due il tre, ma un fiore due fiori tre fiori. Non c’è dunque nessuna ragione intellettuale per cui sussisterebbe una quantità minima, poiché se il numero è colto in sé, esso è principiale, e si manifesta attraverso degli oggetti che in quanto tali non hanno nulla di assoluto, ma sono indefinitamente aggregabili e scomponibili. Solo l’idea determina il numero dell’ente, e non il contrario.

   La ragione di una quantità minima è in realtà una ragione puramente sperimentale, e di fatto le equazioni che descrivono i quanti sono relazioni fra costanti determinate a loro volta sperimentalmente. Se così è, la quantistica non è un modo di conoscere il mondo se non come modo per misurare il mondo.

   In ottica storica, la fisica moderna è leggibile come l’applicazione sperimentale di alcune riproposizioni relativistiche del Rinascimento, che si riducono al cruccio dei crucci di Platone, il sofistico e atomistico l’uomo è misura di tutte le cose. Atomistico perché un ente è preso a misura dell’essere, un finito a misura dell’infinito, un discreto a misura del continuo. Ciò che moralmente e politicamente veniva espresso con questa frase, la scienza lo tradusse, in vari modi e con precisazioni successive, in leggi della natura.

   Volgarmente, per il meccanicismo i corpi sono dei discreti che si muovono in due continui assoluti, il tempo e lo spazio. Per la relatività i corpi sono dei discreti che si muovono in due “continui relativi”, il tempo e lo spazio determinati dai corpi stessi. Per la quantistica prima e il campo unificato poi, i corpi e le energie sono dei discreti che si collocano in spazi e tempi discreti. Se il tempo è discreto, il tempo non esiste: esistono istanti privi di futuro e passato. I quanti sono le unità minime di tempo spazio materia energia oltre le quali tempo spazio materia energia non sono. L’universo è granulare, quale che sia il livello a cui lo si indaghi: la quantistica è una teoria dell’atomizzazione estrema.

   È palese che sia il vuoto l’impalcatura di una tale teoria, poiché gli scarti di spazio-tempo, di materia-energia, non sono definibili come presenza, ma come assenza fenomenica, ovvero come vuoto. Però il vuoto, non essendo una manifestazione, ma il suo contrario intellettivo, non dovrebbe essere preso in conto in una speculazione fisica, ovvero sul mondo manifesto. Il vuoto è innominabile per un fisico accorto, ma è ciò che prevede qualsiasi teoria atomistica.

   Il problema dell’universo come universo granulare è in realtà l’antropologico problema del discreto, che è un modo prima di tutto della mente di percepire e ordinare il mondo sensibile, dell’universo conoscibile esteriormente, che in quanto tale non è conoscibile se non analiticamente, ovvero dualisticamente: la prima distinzione, quella fra io e mondo, determina tutte le altre. La visione dualistica concepisce un soggetto e un oggetto, oggetto sul quale il soggetto esercita un controllo di ordine conoscitivo e pratico. Per controllare l’indeterminato, poiché esteriormente tale appare il mondo, serve prevedere delle probabilità. Di qui il ruolo crescente della statistica, che è il trait d’union tra scienze dure, economia e politica. La quantistica infatti opera nell’indeterminazione attraverso la prevedibilità. Essendo questo il lato “esoterico” del sapere attuale, esso non può non influenzare le sfere esteriori: così l’economia odierna è fluttuazione e scommessa; così la politica odierna genera incertezza ed è ossessionata dal controllo, ovvero dalla legiferazione.

   Questa distinzione, tra io e mondo, io e tu, io e dio, per tutte le sapienze, è l’illusione estrema. Perché? Perché la coscienza è il continuo, e nessuno può negare la coscienza senza cadere in contraddizione con la manifestazione che dà di essa esprimendosi. Mentre la scienza è sistematica perché un soggetto vuole controllare un oggetto, la sapienza è non sistematica perché non vuole controllare un oggetto, ma mutare un soggetto, rendendolo cosciente.

   Per fare ciò la scienza della natura deve essere concepita come lo studio delle analogie che intercorrono tra il cosmo e la mente. Studiare il cosmo è studiare la mente, nella misura in cui il Logos li ordina entrambi. Trovare analogie tra io e mondo è un primo passo per disilludersi sulla loro differenza. È un primo passo nel mistero dell’omologia della physis e della psiche. Così il mondo, studiato dall’uomo che patisce l’uguaglianza tra il continuo e la coscienza, tra il tutto e l’uno, mostra all’uomo la sua unitaria pienezza.

 

Federico Pietrobelli